L'Armata Perduta, Valerio Massimo Manfredi
L'Armata Perduta
Valerio Massimo Manfredi
Trama dal libro
401 a.C. Spossata da trent’anni di guerra tra Atene e Sparta, la Grecia è in ginocchio. Nel momento di più profonda crisi di quei valori che resero grande la civiltà ellenica, il comandante Clearco arruola un esercito di mercenari greci. Quale sia la vera missione di questo esercito che passerà alla storia come l’armata dei Diecimila non è chiaro. Si sa che dovrà addentrarsi profondamente in territori misteriosi e ostili, nel cuore stesso dell’impero persiano; si sa che è al soldo del principe Ciro, fratello del Gran Re Artaserse. La motivazione ufficiale, sgominare tribù ribelli, non convince nessuno.Alla spedizione, come di consueto, sono aggregate anche numerose donne. E allora Valerio Massimo Manfredi fa raccontare la grande epopea dell’Anabasi di Senofonte – resoconto dell’incredibile marcia di ritorno di quell’esercito dall’odierno Iraq attraverso l’Armenia fino al mar Nero – da una donna. È Abira – una ragazza che abbandona il polveroso villaggio di Beth Qadà per seguire il guerriero a cavallo Xeno che un giorno le è apparso come un giovane dio, con una promessa d’amore, di avventura, di vita diversa nello sguardo – a narrare quell’eroica impresa di uomini, quella titanica sequela di battaglie campali, di agguati, di marce forzate per deserti roventi e gelide montagne, torrenti vorticosi e tundre innevate: e attraverso i suoi occhi innocenti ma avidi di conoscenza come quelli di ogni donna innamorata tutto acquista un’altra luce.
L’irruenza, i complotti, la furia cieca degli uomini appaiono sempre, in queste pagine, come filtrati dalla ferma dolcezza, dalla infinita capacità di sacrificio delle donne. E così la fredda lucidità di Xeno, la disumana ferocia di Menon di Tessaglia, il realismo amaro di Sophos si mescolano all’amorosa dedizione di Abira, alle raffinate seduzioni di Melissa, alla muta capacità di sopportazione di Lystra.
Sembra che gli esseri umani siano costruiti per superare ogni prova e qualsiasi avversità, ma non è davvero così. C’è un limite che non si può, non si deve oltrepassare.
In battaglia come nei sentimenti. Il colpo di scena finale che scioglie questa grandiosa avventura ci dirà quale sia questo limite e quale fierezza alberghi nel petto di diecimila indomiti guerrieri o di una sola donna innamorata.
Recensione
È fondamentale per me iniziare questa recensione sottolineando quanto Valerio Massimo Manfredi sia uno dei miei autori preferiti, e questo libro in particolare è il mio assoluto favorito. Si tratta di un romanzo ricco di personalità, dove amore e sangue si intrecciano, capace di trasportare il lettore in un turbinio di emozioni grazie alla voce narrante di una donna. Questa voce appartiene ad Abira, una giovane di un piccolo villaggio mesopotamico, la cui vita sembra scorrere monotona e priva di emozioni forti. Questo aspetto è uno dei motivi che ho apprezzato di più, poiché la storia è ispirata a eventi realmente accaduti e viene raccontata attraverso gli occhi e i pensieri di una donna, catapultata in un mondo selvaggio, duro e pericoloso.
Con l'evolversi della trama, assistiamo al difficile viaggio di ritorno dei Diecimila mercenari greci reclutati dal giovane principe persiano Ciro, con l'ambizioso obiettivo di spodestare il fratello Artaserse II. L'epopea si snoda su un vasto palcoscenico, iniziando dalla Siria, per poi seguire le orme della grande armata. Il cammino si snoda attraverso l'Assiria, fino a raggiungere Babilonia, per poi risalire verso l'Armenia e la Cappadocia, giungendo infine a Bisanzio, prima di tornare in Siria, nel villaggio natale della protagonista, a Beth Qada. Tratta dall’Anabasi di Senofonte, la storia viene presentata da una prospettiva del tutto originale, dove le descrizioni dei paesaggi e dell'esercito con i loro Mantelli Rossi sono semplicemente incantevoli. L'attenzione si sposta così sulla bellezza e sulla brutalità dei luoghi, sulle sofferenze del freddo e della fame, sulla vita dura delle donne che seguono l'esercito, come le prostitute.
Dal mio punto di vista, la scrittura di Manfredi è un vero capolavoro; riesce a farmi rivivere ogni battaglia, ogni privazione, la paura dell'ignoto e tutte le sensazioni che ne derivano, il tutto con uno stile fluido e avvincente. Valerio Massimo Manfredi dimostra ancora una volta il suo talento nel genere, mantenendo un rigoroso rispetto per la storia e dando voce a quei personaggi che, nella narrazione tradizionale, spesso rimangono nell'ombra, considerati secondari rispetto a grandi generali e re.
Per tutti questi motivi, e per come la sua narrazione mi ha catturato, questo libro è rimasto il mio preferito per anni e non posso fare a meno di consigliarlo con tutto il cuore attribuendogli 5 splendidi girasoli su 5.
Commenti
Posta un commento